martedì 7 marzo 2017

Bestie di Scena per la regia di Emma Dante a Milano




QUEL CHE DI NOI PRIVI DI ORPELLI RIMANE
di Iole Natoli  



Uno spettacolo bello e problematico, che pone lo spettatore a tu per tu con se stesso, ancor più che con gli attori che osserva. Perché alla fine, dopo le dichiarazioni di Emma Dante lette più o meno alla svelta in locandina e dopo la visione di Bestie di scena, ciò che lo spettatore si chiede è CHI siano quelle persone sul palcoscenico, cosa facciano, quanto lo rappresentino e se ciascuno di noi è poi diverso da coloro che stanno lì davanti a lui, nudi, separati dal resto dei viventi esclusivamente dal proscenio.
foto di Masiar Pasquali
Scrive Emma Dante: «Bestie di scena ha assunto il suo vero significato nel momento in cui ho rinunciato al tema che avrei voluto trattare. Volevo raccontare il lavoro dell'attore, la sua fatica, la sua necessità, il suo abbandono totale fino alla perdita della vergogna e alla fine mi sono ritrovata di fronte a una piccola comunità di esseri primitivi, spaesati, fragili, un gruppo di “imbecilli” che, come gesto estremo, consegnano agli spettatori i loro vestiti sudati, rinunciando a tutto. Da questa rinuncia è cominciato tutto, si è creata una strana atmosfera che non ci ha più lasciati e lo spettacolo si è generato da solo».
foto di Masiar Pasquali
Se l’attore è lì per restituire allo spettatore un’identità disvelata, allora l’operazione teatrale è riuscita. Non è la parte introduttiva, fatta di un lungo training cui siamo abituati o per pratica personale o per visione di clip alla tv, che stupisce; non è il fatto che gli attori emettano getti d’acqua simultanei o che sputacchino i semi ingurgitati, abbiamo assistito con nutrita frequenza a questi eventi; non è nemmeno la nudità dei corpi, vista altre volte benché non in modo al contempo integrale e prolungato. È la coralità di questi soggetti in cattività, come in cattività siamo noi tutti, il loro rapportarsi l’uno all’altro passando dall’aiuto reciproco all’aggressività; è il niente nel quale si muovono; è lo stupore dinanzi ai pochi stimoli cui si accompagna un tentativo, spesso poco convinto, d’uso; è il senso dell’esserci e basta, senza mediazioni, senza infingimenti di un qualche tipo, senza parola che copra e che confonda. Noi siamo voi se soltanto vi guardate allo specchio, non a quello dinanzi al quale vi agghindate con molta cura ogni giorno ma allo specchio della riflessione morale.
E resta ancora una domanda da porsi, alla quale non sta a noi dare risposta. Perché se tutto è andato come Emma Dante ci ha detto, non è ben chiaro di chi sia lo spettacolo, se della regista che non lo aveva pensato così e che si è limitata a proporre qualche espediente giocoso e a guardare, o degli attori della Sud Costa Occidentale che lo avrebbero inventato per intero, dando al pubblico in ogni caso una prova dell’assoluta padronanza dei mezzi a cui da tempo la compagnia è pervenuta.

7.03.2017

© Iole Natoli  
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