domenica 1 maggio 2011

INTERVISTA con Vincenzo Trione



Alberto Savinio è
«regista di fantasticherie fatte
di mostri assurdi,
dalle sembianze umane 
e animali insieme, 
le cui caratteristiche fanno pensare ai mutanti
che riempiono i romanzi 
di fantascienza».
 - Vincenzo Trione -
La poliedrica genialità di Savinio              
di Iole Natoli

La mostra comprende cinque sezioni: miti dipinti, letterature dipinte, architetture dipinte, oggetti dipinti, scenografie dipinte. Come si conviene a un’esposizione d’arte, il termine che ricorre per ogni raggruppamento è “dipinti”, tuttavia la produzione pittorica in quest’artista non rappresenta la sua scelta iniziale.
Il primo approccio creativo di Savinio si realizza nell’ambito della musica, campo nel quale ricevette una formazione accademica. L’incontro con l’arte avviene invece dopo la nascita della Metafisica, tra il 1916 e il 1917, ma l’esperienza sulla superficie e il recupero dei motivi anamorfici si situa intorno al 1925.

C’è un silenzio di circa dieci anni dopo Les Chants de la mi-mort, suite musicale del 1914: un intervallo che è quasi un abbandono.

Savinio non abbandona mai interamente un settore, continua a frequentarlo anche se in modo minore; il linguaggio musicale è anzi l’unico che studierà sino in fondo, sia pure in un susseguirsi di aperture e chiusure.

Elabora una visione poliedrica dell’arte, che implichi la compresenza di diverse forme d’arte di cui individua l’interazione nel teatro, soprattutto in quello musicale. È attratto dalla possibilità di operare non solo come scrittore e compositore ma anche in qualità di scenografo, costumista, regista. Da qui i disegni dei costumi, gli abiti, le maquette e i bozzetti, inseriti in uno dei settori della mostra.
Il percorso espositivo si conclude con un filmato dell’Alcesti di Samuele, andato in scena nell’aprile 1999, dopo l’edizione del 1950 curata da Strehler, all’Argentina di Roma per la regia di Ronconi.
 
Come giudica il teatro di prosa di Savinio?
Sul piano della drammaturgia non si assiste a un rivolgimento sostanziale. L’esperienza teatrale rappresenta per l’artista una trasformazione vivente della pittura, che si fa corpo accogliendo i   riferimenti alla dimensione del mito e al surreale, riscontrabili nelle opere pittoriche.
La più recente lettura dell’Alcesti, visibile in mostra, ci consegna   un prodotto ronconiano: le gigantografie degli oggetti, ad esempio, non sono presenti nel testo drammaturgico.

Un’interpretazione che non è distante, però, dal mondo poetico dell’autore, dalle commistioni fantastiche e dalle anomale proporzioni tra gli elementi, tipiche della pittura dell’artista. Com’è stato il rapporto di Savinio col cinema?
Permeato di attrazione e diffidenza, atteggiamento peraltro diffuso tra gli intellettuali dell’epoca. Curiosità e interesse per il mezzo ma repulsione verso i congegni tecnici e le regole della produzione. Savinio ha un approccio umanistico rinascimentale alla vita e all’arte, è stato il primo critico cinematografico che ha scritto su un quotidiano ed ha anticipato alcune soluzioni d’alternanza di bianco e nero e colore che nel cinema sarebbero state sperimentate da Eisentein.  

La somiglianza da lei ravvisata al riguardo tra “Il cielo sopra Berlino di Wenders” e “Vita di Mercurio” è intrigante. In Wenders troviamo un mondo di angeli e in Savinio un messaggero divino umanizzato, che compare peraltro in più di un’opera.
Le divinità sono presenti in tutta l’opera di Savinio, letteraria, pittorica, musicale, e lo sono anche nei soggetti cinematografici.

Credo che Mercurio abbia un qualche posto speciale nel cuore dell’artista.
Al di là di qualche apparizione fugace in varie opere, ritroviamo più estesamente questo dio nell’Introduzione a una vita di Mercurio e nel soggetto cinematografico Vita di Mercurio, pubblicato con altri soggetti e altri scritti nella raccolta “Il sogno meccanico”. Nel soggetto cinematografico, che prevedeva l’inserimento nella pellicola in bianco e nero di sequenze a colori, Savinio immagina una biografia di Mercurio che è anche un’autobiografia.
Milano, 14 aprile 2011








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